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Donnie Darko: autentico capolavoro o fenomeno di massa?

  • 4 gennaio 2005

Donnie Darko
U.S.A. 2001
Di Richard Kelly
Con Jake Gyllenhaal, Jena Malone, Drew Barrymore, Patrick Swayze, Noah Wyle

Parlare di “Donnie Darko” non è facile, per diverse ragioni. Una prima è che l’esordio del giovane regista Richard Kelly ha avuto un destino davvero curioso, che induce da una parte a non sottovalutarlo, dall’altra a sforzarsi di giudicare il film non facendosi influenzare da tutto quello che gli gira attorno. Infatti, passato del tutto inosservato all’epoca della sua uscita nei cinema americani, nell’ottobre 2001, dopo la distribuzione in dvd, tramite il passaparola, è inspiegabilmente diventato un autentico fenomeno di culto giovanile, una sorta di novello “Giovane Holden”. Affermazioni del tipo “Donnie Darko ha cambiato la mia vita” si possono rintracciare in molti fan club sparsi per la rete (anche italiani, nati spesso prima che il film venisse proiettato qui da noi con il consueto ritardo cronico per le cose interessanti) e la tendenza all’identificazione è così alta da aver provocato nella nostra stampa addirittura arditi accostamenti tra gli eventi della storia e la vicenda del “Liceo Parini”. Un secondo motivo è che si tratta di un film indubbiamente complesso, che al termine della visione lascia in testa molti interrogativi e che richiede di scervellarsi abbondantemente per dipanare i fili della trama e dare senso ai particolari (d'altronde è lo stesso Kelly a paragonare la sua opera a “un puzzle che va studiato e rivisto”).

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Siamo nel 1988, alla vigilia dello scontro elettorale tra Dukakis e Bush senior, in un piccolo paesino di provincia. Donnie è un ragazzo molto intelligente ma con qualche problema psichico. La sua sembra una vita normale da inquieto adolescente americano, alle prese con una scuola opprimente e una famiglia che non sopporta, se non fosse che un motore d’aeroplano d’un tratto piomba in camera sua. Come se non bastasse, si vede perseguitato dalle apparizioni di un grottesco coniglio nero che gli predice la fine del mondo e gli ordina di eseguire strani compiti. Il genere del college movie si innesta così con quello fantascientifico, partorendo una chimera, le cui appendici sconfinano nell’horror/thriller e nel film d’autore “alla Lynch”. Il tutto impreziosito da una ricostruzione dell’universo anni’80 fin troppo perfetta (anche nella colonna sonora, che ha contribuito a innescare un nuovo revival di gruppi come “Tears for Fears”) e da una sequela di citazioni sparse dei classici del periodo (da “Ritorno al futuro” a “E.T.”, agli effetti speciali che ricordano “The Abyss”).

Al di là dei singoli elementi della trama, ciò che veramente importa è la presenza di una serie di tematiche stratificate a più livelli, che suggeriscono un’interpretazione aperta e molteplice. Si va dalla riflessione metafisica sul rapporto tra Destino e volontà individuale, a quella sociologica sugli orrori della provincia americana (la ristrettezza mentale degli insegnanti, la violenza che si annida nelle famiglie, il lucrare sul dolore altrui), e ancora a quella psicologica sulle inquietudini del giovane protagonista, che in realtà sono quelle di ogni adolescente. Come hanno già detto in molti, sicuramente c’è troppa carne al fuoco e il film non può dirsi del tutto risolto, ciononostante, pur non avendo la valenza “messianica” che molti giovani gli attribuiscono, si tratta di una bella opera prima, originale e profonda. Il successo tardivo che ha travolto “Donnie Darko” è un po’ eccessivo (un polverone mediatico), come pure sono state eccessive le stroncature iniziali: Kelly sembra destinato a non vedersi attribuito il giusto merito che gli appartiene, che si trova esattamente nel mezzo. Il film può inoltre contare sulla presenza scenica del protagonista Jake Gyllenhaal, dotato di un certo magnetismo più per carisma naturale che per recitazione, e su una serie di note star che fanno da contorno (Drew Barrymore, che qui anche produce, Patrick Swayze, Noah Wyle).

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