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"Lili Marleen": come raccontare l'amore per la libertà con una canzone contro la guerra

La canzone è stata scelta nel percorso di ascolto proposto durante il laboratorio di scrittura musicale "SingyourRights!", nella cornice del progetto "Youth sing Europe"

Omaggio a Lili Marleen e alla cantante Lale Andersen, a Langeoog, in Germania

È notte, un lampione affetta il buio denso e nebbioso che avvolge la caserma che si trova davanti. Forse piove.

A volte, a quell’orario, si danno appuntamento due amanti, sincronizzando i propri orologi,in maniera segreta, per non dire clandestina – lui è un militare – e si baciano con fervore ed amore, sussurrandosi dolcezze sulle labbra, mentre quella luce piove sulla loro silhouette accarezzandoli e rivelandone i profili.

Non si tratta dell’inizio di un romanzo ambientato negli anni ’30 del ‘900, bensì di una canzone che con pochissime parole, come brevi pennellate precisissime, descrive con immagini potenti il dramma umano del secondo conflitto mondiale.

La canzone si intitola “Lili Marleen” ed è stata scelta nel percorso di ascolto proposto durante il laboratorio di scrittura musicale “SingyourRights!”, nella cornice del progetto “Youth sing Europe”, promosso dall’Associazione “Rock10elode” e finanziato dall’Unione Europea e dal Parlamento Europeo, con il patrocinio dell’ARS.
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Sono tutte canzoni, queste, che parlano di diritti umani, promossi, valorizzati, tutelati dall’Unione Europea, scritte spesso, molto prima che questa nascesse.

Ma la storia che sta dietro a “Lili Marleen” è entusiasmate e offre buoni spunti di riflessione.

Il testo è di Hans Leip, un giovane poeta tedesco di Amburgo che prima di partire per il fronte russo durante la prima guerra mondiale, scrisse, nel 1915, un’opera dedicata alla sua ragazza – Lili, per l’appunto -, figlia di un ortolano, fondendo il nome di lei con quello di una ragazza dal nome Marleen, che parrebbe essere stata la fidanzata di un commilitone.

Il testo divenne subito famoso, soprattutto fra i giovani soldati che partivano per il fronte durante la seconda guerra mondiale, per via del fatto che raccontava una storia semplice e comune a molti di loro: un amore interrotto e proibito dall’infuriare della guerra, una bestia che divora cuori e sentimenti, che recide gli arti come le relazioni.

La storia di un lampione, che illuminava due amanti che erano soliti incontrarsi di notte, e che dopo la partenza del ragazzo per il fronte, era rimasto ad illuminare la ragazza che si recava all’appuntamento per rimanere sola a sognare il suo ritorno, anche dopo la morte di lui.

Così, nonostante il suo contenuto palesemente antibellico, attirò l’interesse di Norbert Schultze, celebre musicista vicino al regime (autore di molte marce e inni marziali per conto del Terzo Reich) che volle musicarlo, pubblicandolo con il titolo de “La ragazza sotto il lampione” nel 1938 e trasmesso per la prima volta dalle radio nel 1939 con il titolo più semplice e umanizzato di “Lili Marleen”.

Tuttavia, l’enorme popolarità che ottenne la canzone, interpretata nella sua prima versione da Lale Andersen, preoccupò Joseph Goebbels, famigerato ministro della propaganda nazista che, per via del contenuto che avrebbe potuto generare tra i soldati posizioni di dissenso nei confronti del regime, ne proibì l’esecuzione e la trasmissione radio.

Ma questa decisione provocò l’effetto contrario, determinando esattamente quello che Goebbels temeva.

I militari, che amavano quella canzone, si diedero a proteste e lettere indirizzate al ministero della propaganda in cui si chiedeva la riapertura delle trasmissioni, pretendendo – ed in seguito ottenendo – l’emissione quotidiana della canzone, sempre allo stesso orario, alle 21.55, a chiusura delle trasmissioni, in maniera che ci si potesse concedere, al termine di una giornata orribile e in attesa di un domani incerto, il piacere dolce di un ballo rivolgendo i pensieri alle donne che attendevano in casa il loro improbabile ritorno.

È una storia, quella di “Lili Marleen” che si compone di aspetti esistenziali, emotivi, universali e che rappresenta un importante documento storico, che ha unito uomini di fazioni politiche diverse, che ha fatto innamorare ugualmente nazisti e vittime del regime, raccontandoci la bruttezza e le brutture della guerra e che è giunta fino a noi perché in fondo tutti gli uomini sono uguali, soffrono e gioiscono delle stesse cose, muoiono e si mantengono in vita per le stesse motivazioni: l’amore, la libertà, il rispetto delle dignità.

Chi ascolta per la prima volta “Lili Marleen”, non può che avere la sensazione di averla già ascoltata, perché viene citata in un’infinità di altre canzoni, non ultime l’omonima canzone dei Baustellee “Alice” di Francesco De Gregori: perché è ormai incisa del disco rigido della memoria collettiva e nella corteccia celebrale della storia.

Testo di Angelo Ganazzoli
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