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Lascia Palermo e la rende grande all'estero: Riccardo unisce (in rete) i siciliani nel mondo

Ha deciso di far conoscere la cultura e le tradizioni siciliane nei paesi anglofoni e lo fa con un progetto che ha messo in piedi con un amico alcuni anni fa

  • 1 marzo 2021

Riccardo Favara

Se ti trasferisci in Inghilterra per lavoro e hai una forte nostalgia di casa sono due le cose che puoi fare, tornare nella tua città, che nel caso di Riccardo Favara è Palermo, o portare la tua città nel nuovo posto in cui vivi.

Riccardo ha scelto la seconda opzione e si è posto un obiettivo: far conoscere la cultura e le tradizioni siciliane nei paesi anglofoni.

Nel 2014 Riccardo decide - anche se forse più che di decisione, dato il sentimento che accomuna un’intera generazione, dovremmo parlare di costrizione - di lasciare la Sicilia. Si forma come perito tecnico informatico ma nell’azienda in cui lavora per 14 ore al giorno, svolgendo le mansioni più disparate, non molto attinenti alla sua formazione, guadagna la metà di quanto è dichiarato in busta paga. Così dopo un colloquio su Skype arriva a Telford, una piccola cittadina non molto lontana da Birmingham.

Oggi ha 32 anni, vive a Londra e si occupa di digital marketing. Nel tempo libero, alla passione per i videogiochi per i quali, con il suo passato da cantante in una rock band crea anche le colonne sonore, ne ha affiancata, complice la homesickness di cui sopra, un’altra e insieme a un amico anche lui emigrato, Aurelio Maggi, con cui suonava in una band a Palermo, dando vita nel 2017 a "Sicilian food culture", un vero e proprio ecosistema digitale che ruota attorno alla Sicilia, al suo cibo e alle sue ricette, alle sue tradizioni e alla sua cultura.
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Un sito web, canali social, naturalmente, e una newsletter mensile Sicilian Times con cui fa letteralmente impazzire soprattutto i tantissimi italo-americani con origini siciliane che rappresentano lo zoccolo duro del suo pubblico e con cui si è instaurato un rapporto straordinario.

«È incredibile quanto siano interessanti alle tradizioni siciliane - racconta Riccardo. - Loro si sentono siciliani al 100 per cento ed è una cosa bellissima anche perché sono molto più fieri di esserlo rispetto a noi.

Vogliono riprodurre le ricette, anche se gli ingredienti che riescono a trovare in America non sempre sono esattamente gli stessi che si trovano in Sicilia. Quindi ci chiedono consigli sulle materie prime, ci fanno un sacco di complimenti per quello che facciamo, ricordando loro tante cose dell’infanzia».

Oltre alla pagina Facebook, Riccardo ha anche creato un gruppo https://www.facebook.com/groups/SicilianFoodCulture che conta quasi 70mila membri e in cui gli stessi utenti raccontano le loro storie di emigrazione, con genitori o nonni partiti dalla Sicilia nei primi anni del Novecento, postano le fotografie dei loro matrimoni, spiegano i motivi che li hanno spinti a spostarsi. «Abbiamo notato per esempio che ci sono davvero tante persone di Carini (comune vicino Palermo, ndr) che oggi vivono tra gli Stati Uniti e il Canada. La gente è contenta perché lo vede come un modo di collegarsi alle loro origini.

E a questo proposito - racconta ancora Riccardo - un progetto che abbiamo in mente di portare avanti tra poco è quello di analizzare i flussi migratori, creare una sorta di mappa, capire da dove sono partiti i nostri conterranei e dove sono andati a finire».

Un'altra parte del progetto, invece, prevede di mappare i ristoranti siciliani che ci sono nel mondo, quelli che fanno autentico cibo siciliano, capire quanti si attengono alle tradizioni e quanti si adattano ai gusti locali.

"Sicilian food culture", che collabora spesso con The sicilian wanderer, alias Dario Cascio, racconta la storia della cassata siciliana, quella del cioccolato di Modica, suggerisce le dieci parole che è necessario conoscere quando si va in Sicilia, fa conoscere le ricette tradizionali e le chicche della cultura dell’isola. Gli utenti possono sostenere il progetto con donazioni al costo di un cannolo.

Ogni mese poi parte la newsletter. «Ogni newsletter si apre con un detto siciliano diverso, tradotto in inglese, parola per parola, seguito da una sorta di spiegazione. È una cosa che ci ha dato enormi soddisfazioni in termini di feedback - conclude Riccardo. La gente proprio li adora i modi di dire siciliani, ci manda suggerimenti, domande su cosa significano delle frasi che magari hanno saputo dai loro nonni, ci scrivono con questo siciliano storpiato divertentissimo.

Un esempio? Ci hanno mandato qualcosa che suonava così "Susie bombina va tinda escuela, mi mama te quama pamesa disona, trenda triama co oudo espina, curvey catina pamesa jessu", che alla fine abbiamo scoperto essere una liturgia del Natale, a quanto pare molto popolare a Castellammare del Golfo: Susi bamminu vattinni a la scola, la mamma ti chiama la missa ti sona, trentatrè anni curuna di spini, ferri e catini p’amari a Gesù».
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