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Furono gli ultimi Gattopardi: i Piccolo di Calanovella, tre geniali baroni e le loro "stranizze"

La gente si chiedeva come avevano lasciato con la madre Palermo nel 1932 per ritirarsi in quell’eremo a Capo d'Orlando oggi sede della fondazione Famiglia Piccolo di Calanovella

Maria Oliveri
Storica, saggista e operatrice culturale
  • 16 marzo 2022

Villa Piccolo a Capo d'Orlando

A Calanovella, in un angolo di Sicilia di aspra bellezza, a due passi dal mare cristallino di Capo d’Orlando, sorge quasi sospesa nel tempo la casa della famiglia Piccolo.

Gli ultimi proprietari furono tre geniali baroni, che poco amavano la mondanità: i due fratelli Lucio e Casimiro e la sorella Agata Giovanna. Entrando nella villa dalla facciata sobria, senza fronzoli e orpelli, si percepisce subito l’odore caratteristico dei libri antichi: mobili, quadri, armi rinascimentali, vasi di stupenda fattura, riviste in inglese e in francese… tutto è rimasto come quando qui vivevano i Piccolo e ricevevano pochi graditi ospiti, come i loro cugini Raniero Alliata e Giuseppe Tomasi di Lampedusa.

La villa, circondata da un parco di venti ettari di ulivi, limoni, noccioli, palme e altre piante esotiche si trova in collina e gode di una splendida vista panoramica sul mare. Una parte del prato è stata trasformato in un cimitero per i tanti, tantissimi e amatissimi animali domestici. Ogni cane ha una lapide con inciso sopra il proprio nome e un vasetto per i fiori.
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I fratelli Piccolo appartenevano a quel fortunato mondo che non aveva bisogno di lavorare per mantenersi e trascorrevano le loro giornate occupandosi delle tante passioni che coltivavano. Casimiro si dedicava alla fotografia (numerosi i suoi scatti in esposizione oggi nella casa museo) e alla pittura: estremamente originali sono i suoi acquerelli in cui raffigura “il suo universo spirituale, abitato da fatine, gnomi e koboldi (B. Parodi)".

Casimiro era stato uomo di mondo, da giovane, nei circoli palermitani e si era dedicato con il cugino Giuseppe Tomasi a diverse sedute spiritiche; anche a Calanovella era rimasto uno spiritista appassionato e affermava di riuscire a parlare con la madre defunta. Racconta Bent Parodi, che da ragazzino un giorno sedendosi a tavola venne rimproverato da Casimiro, che esclamò con orrore: “No! Quello no… è il posto di mamà…”: Parodi “Capì solo minuti dopo che si trattava di una persona già morta da tanto tempo: I Piccolo non distinguevano tra al di qua e al di là.”

Agata Giovanna curava l’amministrazione domestica, era appassionata di cucina (collezionava molte copie de La cucina Italiana) ma soprattutto di floricoltura: senza muoversi mai dalla Sicilia (conobbe solo Palermo, Messina e Capo d’Orlando) riuscì a realizzare un orto botanico in miniatura, che ancora oggi si può ammirare.

Lucio fu poeta del dopoguerra stimato dalla critica anche se poco diede alle stampe: Canti barocchi e altre liriche (1956) Gioco a nascondere (1960) e Plumelia (1967). Il successo arrivò prima per lui che per il romanzo il Gattopardo del cugino Tomasi. A sue spese Lucio fece stampare infatti una silloge di 9 liriche, che in una busta malamente affrancata fu inviato a Eugenio Montale. A Montale, che pagò la differenza dell’affrancatura, quelle poesie piacquero e invitò Piccolo nel 1954 al convegno di S. Pellegrino. Cominciò così la fortuna del poeta.

Gli abitanti di Calanovella ammiravano i Piccolo ma al tempo stesso erano intimoriti dalle loro…”stranezze”: Casimiro e Lucio, inguaribili signori della notte, dormivano durante il giorno e si alzavano al tramonto; Giovanna era colta ma molto timida e riservata; nessuno dei tre si era mai sposato; apparecchiavano sempre un posto in più a tavola per il fantasma di Teresa Mastrogiovanni Tasca Filangeri di Cutò, la mamma scomparsa nel 1953.

La gente si chiedeva soprattutto il motivo per cui i Piccolo avessero lasciato con la madre Palermo, nel 1932, per ritirarsi nell’eremo orlandino, dove “riparati dal frastuono del mondo” male tuttavia sembrano non stare. Ecco la risposta all’enigma: la baronessa Teresa, tradita prima e abbandonata poi dal marito Giuseppe Piccolo, scappato a Sanremo con una giovane ballerina, ferita nell’orgoglio oltre che al cuore, aveva scelto di tagliare ogni legame col passato e di prendere la via di un volontario esilio in campagna, lontana dai futili pettegolezzi di Palermo.

I tre figli, sebbene già grandi, delusi anch’essi dal comportamento del padre, avevano deciso di seguire maman, abbandonando il vecchio palazzo di Piazza Croci e avevano stabilito tra di loro un accordo paradossale: nessuno dei tre si sarebbe mai sposato.

“Donna Teresa col suo caratteristico polso fermo seguì personalmente l’amministrazione dei beni, infondendo sicurezza nei figli, poco votati alle questioni pratiche. Erano già adulti, come s’è detto, al momento dell’esilio volontario. Agata Giovanna era sui 42 anni, Casimiro sui 38 e Lucio, il minore, sui 31. Vissero tutti e tre all’ombra della madre, cui li legava un senso di altissima dipendenza. Eppure non si trattava di personalità fragili… Seppero tuttavia rompere da un minuto all’altro con l’effimera vita di società, adattandosi perfettamente all’eremo di Capo d’Orlando.” (Bent Parodi).

Bent Parodi accenna tuttavia nel suo libro “Raniero il principe Mago” che in “vecchiaia” Lucio sarebbe venuto meno al patto con i fratelli e cominciando a essere ossessionato dalla voglia di avere un erede, per perpetuare la stirpe, avrebbe cercato in segreto una giovane donna, senza pretese matrimoniali, disposta a concepire un figlio. Nonostante si vociferasse a Calanovella di fugaci e segreti convegni d’amore di Lucio con una fanciulla di Ficarra, non vi è testimonianza di una gravidanza nè di un parto andato a buon fine.

Lucio morì nel 1969, poco dopo lo seguirono gli altri fratelli. Casimiro allora, per tutelare dopo la morte del fratello il patrimonio culturale, librario, naturalistico e artistico della Villa e della Famiglia, istituì per via testamentaria nel 1970 la Fondazione Famiglia Piccolo di Calanovella.

La fondazione ancora oggi gestisce Villa Piccolo, la fruizione del parco e della casa-museo.
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