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Finito il restauro dello Stand Florio, i palermitani si infuriano sui social: ma dopo?

Non solo: Ponte Corleone, ex Cotonificio, villa Lanza-Deliella, villa Alliata di Pietratagliata. Le opere che abbiamo in dono dal passato sono trattate con leggerezza

Danilo Maniscalco
Architetto, artista e attivista, storico dell'arte
  • 5 aprile 2018

Lo stand Florio in via Messina Marine a Palermo

Ha ragione il Presidente della scuola Politecnica di Palermo Maurizio Carta quando registra la costante domanda di qualità architettonica e la nascita dal basso, dai cittadini dunque, di una attenzione nuova, puntuale e determinata verso la cura della nostra bellezza urbana.

È verissimo. Lo è a tal punto da riuscire a bilanciare sotto forma di massa critica e sistema propulsivo di osservezione e denuncia del degrado persino le decisioni politiche anche quando avvenga in maniera silente.

Questa rinnovata evoluzione dell'uomo urbano nei riguardi della percezione dello spazio soprattutto quando sia pubblico e quando la storia contenuta nei luoghi venga ad esser posta sotto evidenze di rischio è una vittoria per tutti.

Essa sta imponendo lentamente come fa l'acqua che rompe la roccia, un cambio di paradigma strutturale, epocale se riusciremo a farne tesoro contrapponendo come sta avvenendo a questa imbarazzante classe politica questo profumo di aria nuova fatta di contenuti e visioni paradossalmente proprio fuori dalle istituzioni a cui spetta per statuto il miglioramento delle condizioni di vivibilità e lo sviluppo virtuoso dei territori.
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E già, per la prima volta dal dopoguerra si profila un'interessante prospettiva in cui a ruoli rovesci, i cittadini e le loro istanze, direi talvolta persino la loro preparazione e le loro competenze, sono decisamente migliori e sicuramente più maturI rispetto agli uomini e donne all'interno delle stanze dei bottoni.

Esempi? È del tutto imbarazzante che il Ponte Corleone non abbia avuto la adeguata manutenzione negli ultimi trent'anni almeno, ma soprattutto che sia mancata e manchi la sua pianificazione in termini. Non si può tollerare quel "è abbastanza sicuro".

Imbarazzante per non dire squalificante dei principi repubblicani di tutela e valorizzazione resta il fatto che la più importante opera di architettura archeologica industriale, l'ex Cotonificio Siciliano di via Aiace rischi la demolizione anziché la "rigenerazione" e l'uso pubblico di uno spazio di proprietà pubblica!

Imbarazzante lo stallo sull'area di villa Lanza-Deliella e imbarazzante è che in vent'anni nessuno abbia fatto una sola ispezione per verificare la presenza delle necessarie autorizzazioni sui luoghi al centro della città storica.

E se finalmente villa Alliata di Pietratagliata esce dall'oblio della vendita fallimentare con la speranza di riqualificazione e quindi riuso, nulla si muove rispetto al destino della Fiera del Mediterraneo e nulla sappiamo ancora del destino di qualità architettonica della fermata metropolitana a piazza Politeama.

Poi c'è il capitolo "imabarazzi su Ernesto Basile": a lui, architetto-docente-artista-cattedratico eccelso, Palermo capitale della cultura italiana 2018 continua a riservare un destino di interesse miserabile.

Come se il raffinato progettista italiano non fosse uno tra i più importanti maestri Art Nouveau da cui poter far partire il rilancio della città proprio sotto l'egida della sua icona culturale e monumentale.

Parliamo dello stallo rispetto al museo del Liberty sull'area e sotto di Villa Lanza-Deliella, parliamo dell'ex Sanatorio antitubercolare di corso Alberto Amedeo finalmente dis-occupato dalle famiglie occupanti ma che ancora non trova una adeguata collocazione socio-culturale, parliamo dello stato di abusivismo e degrado che permane ancora sul Chiosco Vicari oggetto di recente sentenza volta al principio di ristabilire la condizione originaria e dello Stand Florio recentemente oggetto di fervente dibattito culturale, dibattito frutto proprio delle attenzioni dei cittadini amanti delle sorti della città.

Tema difficile, molto. Difficile perché il restauro in attesa delle ultime definizioni, forse troppo velocemente accordato, avrebbe dovuto essere maggiormente filologico? Forse si sarebbe dovuta coivolgere l'università e la dotazione Basile di proprietà degli eredi del progettista?

Non stupisce ne deve assolutamente sconvolgere che il restauro del piccolo gioiello neomoresco, simbolo della vita frugale sportiva della borghesia palermitana dei primi del Novecento, sia stato effettuato da un privato che in cambio né beneficerà nell'uso protratto e continuativo per decenni.

Può invece, ed è ciò che avviene proprio nel dibattito dei giorni odierni, stupire il risultato quanto meno riguardante i prospetti visibili dalla via Messina Marine.

Ma il nodo non è tanto la responsabilità culturale di una operazione comunque difficile. A mio parere il nodo è quello della responsabilità sociale della macchina culturale di salvaguardia e controllo che arriva ad appuntamenti così vitali, palesemente in difficoltà pare, strutturale.

Possiamo davvero trattare l'opera di un grande maestro europeo con la leggerezza che stiamo dimostrando oggi in termini di istituzioni che non riescono a esprimere al massimo il bisogno di cura e tutela dei monumenti così seriamente espresso dai cittadini tutti?

Registriamo una reale sofferenza degli organi di tutela come la soprintendenza e ci poniamo, tutti i professionisti unitamente ai cittadini interessati alla cosa pubblica, alcune domande affatto in malafede ma davvero frutto dell'amore per la città e per la salvaguardia e la tutela monumentale in direzione delle nuove generazioni così come sancito dall'articolo 9 della C. I.

Cosa sta accadendo, è forse un problema di organico? Soffriamo oltre che di una cronica mancanza di operatori qualificati di settore, di una legislazione in materia che non aiuta o restringe forse il campo di azione delle S.S.B.B.C.C?

Dobbiamo davvero accontentarci di ciò che viene e come viene? In molti colleghi mi si rapprenta che quella del restauro dello Stand Florio sia l'ennesima occasione mancata.

Io credo che stavolta sia una condizione di sospensione a metà tra l'aver salvato un manufatto abbandonato dalle istituzioni proprietarie del bene al degrado e la mancanza del risultato migliore frutto del virtuosismo di collaborazione integrata tra i soggetti qualificati alla trasmissione del sapere e delle opere d'arte e il tutto in piena crisi umanistica.

È un tema difficile. Forse è arrivato il momento di costruire e sul territorio una scuola del restauro del monumento architettonico degna dei nomi di grandissimi intellettuali prestati alla cura della bellezza urbana che abbia finalmente i fondi necessari per formare e riformare generazioni di architetti-restauratori che siano sentinelle della tutela della storia dell'arte integrale e che serva come bacino di preziose risorse umane per gli uffici della soprintendenza.

La maturità e la vicinanza della massa critica dei cittadini-sentinella, spinga le istituzioni sorde a dare risposte finalmente adeguate. Non possiamo continuare su questa strada di arbitro.

Il restauro è una scienza capace di creare sviluppo sostenibile, economia locale ed il valore universale dell'arte.
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