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E vissero felici e contente: il matrimonio di Vicky e Maria Rita, siciliane libere (e credenti)

È la prima unione tra due donne celebrata a Paternò. Un momento di grande gioia ed emozione per tutti. In attesa che queste storie non siano più "eccezionali" vi raccontiamo di quest'amore

  • 1 giugno 2022

Era il 2018 ed ero da poco tornata da un ritiro, lo chiamavamo "il ritirone", e la cosa che più mi era rimasta dentro era la risposta a una semplice domada: cos'è l'amore? L'amore è una scelta.

Sì, si sceglie di amare, che poi è l'unica regola dell'amore. E quando lo fai stai bene, doni, voli alto. Sei e fai felice.

Ed è così che Vicky e Maria Rita hanno scelto di amare, di amarsi e di raccontarlo al mondo, perché ancora per questo mondo, un amore come il loro è un qualcosa di eccezionale sì, ma in un'accezione negativa. Ancora sono in troppi e in troppe a non accettarlo, rendendo infelice chi vuole vivere il proprio amore in libertà, come tutte le altre persone, come tutte le altre coppie.

Queste due donne siciliane, l'una, Vicky, di Paternò e l'altra, Maria Rita, di Catania, hanno celebrato il loro matrimonio il 26 maggio a San Giovanni la Punta. Sì, matrimonio, perchè questo è per loro (e per la sottoscritta), cui poco importano le definizioni giuridiche. Insieme da quattro anni, convivevano da tre e la celebrazione di questa unione è stato un momento che rivivrebbero altre mille volte, «Vedere 116 persone, tra parenti e amici, con gli occhi che gli brillavano ogni volta che li guardavamo... abbiamo toccato e sentito la loro emozione» mi dicono con la voce che ancora si rompe per l'emozione.
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«L'intento per il quale abbiamo reso pubblica questa cerimonia è stato proprio il voler lanciare un messaggio bello, di gioia e di coraggio - racconta Vicky, trent'anni -, un messaggio per dire di smetterla con questi tabù che vogliono ancora far passare l’unione tra due donne come non normale. Lo abbiamo fatto affinché, partendo da un centro come Paternò, l'amore che proviamo noi dia coraggio a tantissime altre coppie omosessuali che si nascondono ancora.
Ancora purtroppo, l'essere omosessuale è una cosa che va comunicata - dice -, e la vera svolta sarà proprio quando non dovrà più essere detto in famiglia. Quando diventerà una informazione superflua».

Vicky e Maria Rita dal canto loro non hanno mai avuto di paura di esternare il loro affetto, non hanno mai avuto paura di camminare mano nella mano. «Spesso manca il dialogo tra genitore e figlio, ma anche i figli devono parlare con i genitori. Noi siamo state fortunate - mi racconta Maria Rita, che di anni ne ha 34 -, mia mamma ha 74 anni, sono anziani e di mentalità più chiusa. Avevo paura nel doverlo esternare, non sapevo come l'avrebbero presa, ma ci hanno amate comunque. Era più il pregiudizio degli altri il loro cruccio. Quando ho conosciuto Vicky, e avendo un rapporto bellissimo con i miei, ho inziato a sentirmi schiacciata dai miei stessi sentimenti, ho capito che era arrivato il momento di dirlo ed è la cosa migliore che abbia mai fatto».

La storia di Vicky, è un po' diversa, «Io ho capito fin da piccola che c'era qualcosa di diverso in me - dice -, diverso rispetto a ciò che vedevo e sentivo ovviamente. E piangevo, dicevo a mia madre che volevo giocare a calcio, mi volevo vestire da maschio, mandavo segnali ai miei genitori ma non li capivano, o non volevano coglierli, ho anche due fratelli, un maschio e una femmina, entrambi sposati, anche loro intuivano ma non dicevano nulla, e poi un giorno sono scoppiata, ero adolescente. Ho avuto i miei sempre vicini, e so che non deve essere stato semplicissimo, ma hanno mostrato solo amore nei miei confronti. Mia sorella poi è stata la mia spalla, ha fatto una grande battaglia per me, abbiamo sempre fatto parte di un gruppo carismatico in chiesa, in cui ho vissuto momenti bellissimi e profondi per me, in cui coltivavo il mio amore per Dio e le cose che mi facevano male erano quelle che sentivo dire proprio lì, sugli omosessuali...».

Ed è a questo punto che le parole di Vicky, che sono anche quelle di Maria Rita, aprono a una riflessione che ancora oggi si fa fatica ad accettare, ad accogliere. E che coinvolge milioni di uomini e donne omosessuali, profondamente credenti e nati in un contesto cristiano cattolico in cui sono stati battezzati e che crescendo si sono innamorati di una persona dello stesso sesso e ora soffrono per non essere più accolti da quella stessa "chiesa".

«Dio è amore verso tutti, è un' entità di amore e per me sostegno da tutta la vita - dice Vicky quasi sospirando -. Eppure mi dicono che Dio non mi accetta. Ma io lo so che non è così, perché è lui che mi ha creato. Perché io lo sento. La nostra piccola battaglia l’abbiamo vinta e riceviamo tantissimi messaggi soprattutto da giovani che cercano di trovare il coraggio dalla nostra unione. Ma non mancano le offese, anche molto pesanti. Cosa che avevamo messo in conto e su cui passeremo sopra. Dovrebbero mettersi nei nostri panni, guardare con gli occhi dell’amore davvero che è quello che professa l'insegnamento di Dio».

«Il gruppo carismatico di cui facevamo parte - prosegue Maria Rita -, per noi era davvero importante e vivevamo dei momenti molto belli. Quando si è iniziato a vociferare che eravamo una coppia, i malumori non sono mancati visto che la Chiesa - e voglio ribadire che intendo la Chiesa come istituzione - non ci accetta, e abbiamo iniziato a provare un certo disagio a recarci lì per continuare a vivere quei momenti intimi con Gesù. Così ci siamo allontanate, ma non da Lui. Abbiamo tantissimi amici omosessuali che si sono allontanati da Dio, diversamente da noi, per paura della Chiesa, che hanno sofferto e soffrono.

Non so riusciremo mai a trovare una Chiesa che ci accolga ma noi abbiano speranza. Intanto un pastore protestante ci ha scritto e vuole benedire la nostra unione e abbiamo trovato un luogo in cui poter avere di nuovo dei momenti di preghiera comunitaria, che ci mancavano e che la "nostra" Chiesa ci nega...».

Le parole di Vicky e Maria Rita mi colpiscono profondamente, ho anche io tanti amici e tante amiche omosessuali che soffrono per questa situazione, li ho visti versare lacrime grosse perché se c'è una cosa che nessuno può cancellare è, per chi crede, che il rapporto con Dio è personale, intimo, unico e nessuno può mettersi in mezzo.

E a chi sostiene che le scritture sono chiare: "Dio ha creato uomo e donna", ho sempre risposto che non ho mai letto però che Dio abbia detto o imposto chi amare. Non ho mai letto che l'uomo "deve" amare la donna e che la donna "deve" amare l'uomo.

E se l'amore di Dio si manifesta attraverso gli altri, chi meglio di un genitore può esserne esempio? Le parole del padre di Vicky, cui fa eco la madre, sono molto chiare e colme di amore «Sono felice e voglio dire grazie a mia figlia per questo giorno che per me è indimenticabile. La felicità di mia figlia è la mia felicità. Quello che posso dire agli altri genitori è che debbono volere bene ai loro figli e basta, e devono fregarsene di quello che dice la gente».

Che questa storia, bellissima, possa essere d'esempio e portare frutto.
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