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Doveva essere un simbolo d'amore eterno: la fontana di Palermo che non c'è più

Si trovava in piazza Indipendenza ma fu progettata per il Foro Italico: Marcantonio Colonna la volle per rendere immortale la sua amante, trasformata in sirena da Gagini

  • 11 settembre 2019

La fontana della Sirena di Vincenzo Gagini quando già si trovava in piazza Indipendenza

Nel gennaio del 1577, il Re Filippo II di Spagna nominò come vicerè di Sicilia Marcantonio Colonna, principe di Paliano e duca di Tagliacozzo, uno degli uomini più influenti del regno.

All'epoca Palermo era un vero salotto abitato dalla nobiltà di tutta Europa e molte nobildonne, in arrivo da diverse città e Paesi si trasferirono tra i palazzi e i giardini del capoluogo siciliano. Uomo d’arme ed eroe con grandi capacità diplomatiche, Marcantonio Colonna (nonostante fosse sposato) fu travolto dalla passione per una di loro.

La conobbe ad un ricevimento in onore di lei, che si chiamava Eufrosina Siracusa Valdaura: era baronessa del Miserendino, moglie del nobile Calcerano Corbera e di una bellezza tale da stregare perfino l'integerrimo Colonna.

Non curanti che ciò avrebbe compromesso la loro dignità e il loro prestigio per il fatto che entrambi erano sposati, iniziarono la loro storia d’amore e, a tal proposito, lo storico contemporaneo Di Giovanni, lascia intendere come la moglie del Colonna (donna Felice Orsini) ed il marito della bella Eufrosina (don Calcerano De Corbera) fossero a conoscenza della relazione.
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Il vicerè ricorreva a qualsiasi stratagemma per incontrare la sua giovane amante ed era talmente preso dalla passione per Eufrosina che non si creava scrupoli a invitarla a raggiungerlo perfino a Palazzo Reale.

Nel corso dei lavori avvenuti nel 1583 a Porta Nuova, Colonna pretese gli si costruisse un’alcova: la volle spaziosa e ben arredata.

Una notte la viceregina donna Felice sorprese i due amanti nella camera del marito, la giovane confusa e in preda alla paura, afferrò le sue vesti frettolosamente e si nascose nel balcone, ma per la fretta dimenticò le "pianelle" (nda. ciabatte) davanti al letto.

Donna Felice le vide, le prese in mano e rivolgendosi al consorte disse: "Ora conosco che siete diventato un marito amorevole. Le avete comprato per me queste pianelle?" e sfacciatamente il vicerè rispose di si e allora la viceregina, che aveva capito tutto, aprì il balcone dove trovò la baronessa tutta infreddolita.

La fece entrare e, mostrando grande saggezza, disse alla giovane baronessa: "Abbiate pazienza, che per questa notte mio marito lo voglio per me" e magnanimamente dispose alla servitù di farla accompagnare a casa.

Marcantonio Colonna, ormai reso cieco dalla passione per la sua amante, deicse di renderla immortale dando le sembianze di lei alla statua di una bellissima sirena dal cui seno zampillavano due getti d’acqua, fontana che regalò alla città collocandola nella strada Colonna (odierno Foro Italico), in seguito la fontana fu trasportata al Piano di Santa Teresa (l'odierna piazza Indipendenza ).

Intanto la notizia diventava pubblica ed il vecchio suocero della baronessa, barone del Miserendino, don Antonio De Corbera, che precedentemente il vicerè aveva allontanato dalla città nominandolo capitano d’armi a Sciacca, tornò a Palermo per salvare l’onore della sua famiglia.

Il vicerè Marcantonio Colonna temendo la reazione del vecchio barone dopo averlo fatto sospendere dai privilegi che godeva, lo fece pretestuosamente arrestare per insolvenza e rinchiudere dentro il Castellammare dove morì per ragioni ufficialmente rimaste oscure ma l’opinione pubblica disse che fu avvelenato.

Per quanto riguarda il marito della bella Eufrosina, il vicerè lo fece inviare a Malta dal fratello Pompeo Colonna con la scusa di una missione diplomatica. Qui, il giovane barone fu trovato "ucciso con molte pugnalate" da un sicario di professione, don Flaminio Di Napoli, che tornato a Palermo fu ricompensato generosamente dal Colonna ma poco dopo anche lui fu ucciso, lo trovarono infatti affogato in un canale.

Le notizie di queste morti misteriose arrivarono fino alla lontana corte di Madrid, il Re Filippo si affrettò a convocare il Colonna perché si potesse discolpare dalle infamanti accuse che gli venivano rivolte ma il vicerè non giunse mai a Madrid perché morì improvvisamente a Medinaceli durante il viaggio, anche lui in circostanze "misteriose".

Dopo la morte del Colonna, la giovane amante, cercò protezione presso Donna Felice Orsini ormai vedova del vicerè, che la fece convolare a nozze con il cavaliere Lelio Massimo e la invitò a vivere nel suo palazzo romano.

Intanto l’eco dello scandalo era arrivata fino a Roma, anche la bella Eufrosina pagò con la vita, infatti, due dei figli di primo letto del marchese Massimo che vivevano nel palazzo, non tollerando la presenza in casa di una donna con la reputazione così compromessa, una notte, approfittando della mancanza del padre, entrarono nella sua camera ed a colpi di "archibugio" la assassinarono.

Anche i due giustizieri finirono decapitati e le loro teste appese sul ponte di Sant’Angelo. Lelio Massimo morì di crepacuore dopo pochi giorni. Fu l’ultima vittima di questa tragica catena che di morti, otto in tutto.

Anche la fontana della Sirena non ebbe fortuna. Inizialmente, fu collocata al Foro Italico (probabilmente sul finire del 1500) ed adornata con mostri marini con puttini e sormontata, appunto, da una sirena con un prosperoso seno dai cui capezzoli uscivano abbondanti e lunghi zampilli d'acqua.

Le sue sinuose forme e lo stesso viso efficacemente scolpiti da Vincenzo Gagini, avvalorarono la voce popolare secondo cui quella statua altro non era che la bella Eufrosina, fatta immortalare nel marmo dal suo spasimante, il quale si guardò bene dallo smentire la diceria ben consapevole delle istruzioni date al Gagini.

In questo luogo rimase fino al 1820, successivamente fu trasferita nell'attuale piazza Indipendenza e infine nel 1848 subì la furia distruttrice della cieca violenza rivoluzionaria.
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