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Dalla A di Annàcati alla Z di Ziccusu: in Sicilia c'è un vero e proprio alfabeto della "raggia"

Se c'è chi ha inventato l'alfabeto della gentilezza, noi vi riproponiamo la versione (siciliana) "arraggiata". Chi non usa una di queste parole almeno una volta al giorno

Gianluca Tantillo
Appassionato di etnografia e storia
  • 9 febbraio 2024

Una mattina come tutte le altre, mentre sto sorseggiando il primo caffè della giornata, e Tequila cerca di scavare un fosso nel mio materasso memory foam, nel tentativo di sotterrare una vecchia pallina da tennis, mi imbatto in questo articolo: "L’insegnante Katia Gussio, sulla falsariga dell’alfabeto della gentilezza realizzato dalla giornalista fiorentina Gaia Simonetti, inventa l’alfabeto della gentilezza in lingua siciliana".

D’istinto penso di bypassare la notizia per iniettarmi la mia dose mattutina di guerre, crisi internazionali e cronaca nera. Poi le molecole di caffeina cominciano ad interagire con i recettori del mio sistema nervoso, trapassando la barriera emato-encefalica delle cellule endoteliali, e mi sale un’improvvisa botta di euforia. Voglio saperne di più!

Ad ogni lettera dell’alfabeto corrisponde una parola gentile o un breve modo di dire in siciliano. Per essere più chiaro ne riporto qualche esempio: A-Amuri, C-Ciatu mio, N-Nicaredda, U-U cori nto zuccaro. La botta arriva alle stelle quando il mio cervello, in risposta alla caffeina e all’alfabeto della gentilezza, rilascia adrenalina e noradrenalina a carrettate sane.
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È lì che un sorriso mi si disegna sul viso come se avessi ricevuto una coccola. D’improvviso però l’effetto bomba si arresta, provocando un blocco del mio sistema dopaminergico. Si innesca un’inesorabile fase down che mi porta a riconsiderare il mondo come un luogo buio e tempestoso. Il tempo si deforma, la mente ripiomba nel passato.

Sono gli anni ’80-’90: la vita fa schifo, la tua sveglia è la traumatica sigla del TG5 con annessa ora esatta ogni quarto d’ora, e nessuno capisce a che kaiz serve il goniometro.

Come se non bastasse, il latte a colazione ti esplode a colpi di diarrea - ma ripetiamo che siamo negli anni ’80-‘90 e le intolleranze ancora non esistono -, nei cartoni animati sono tutti orfani, poveri e malati, e all’ingresso della classe, assieme alla lettera della sezione, c’è scritto: "Per me si va ne la città dolente, per me si va ne l'etterno dolore, per me si va tra la perduta gente".

La gentilezza? A Mordor non esiste gentilezza! Le maestre sono acide, arraggiate e somigliano all’ultimo mostro di Super Mario Bros.

Interrogazioni a tappeto tutte le ore, note sui diari e la gamma dei voti varia da: "Visto e Mediocre" a "Male e Malissimo". Non sono più gli anni delle bacchettate, ma in compenso le maestre hanno sviluppato un callo nel palmo della mano come i karateka di Okinawa, che con un colpo le cattedre si piegano a portafogli.

Il regime penitenziario prevede anche il "castigo dietro la lavagna", di fatto un isolamento forzato con la faccia al muro. I casi più estremi vengono spediti in presidenza, luogo dal quale molti non hanno mai più fatto ritorno.

Quando il compagno Carollo finì dalla preside ne riportò una descrizione raccapricciante.

"Com’io divenni allor gelato e fioco,
nol dimandar, lettor, ch’i’ non lo scrivo,
però ch’ogne parlar sarebbe poco.

Io non mori’ e non rimasi vivo;
pensa oggimai per te, s’ hai fior d’ingegno,
qual io divenni, d’uno e d’altro privo"
.

Era un sommo poeta Carollo!

Nessun alfabeto gentile per noi, solo e soltanto un alfabeto arraggiàto.

A: Annàcati!
B: Botta ri sali a tia!
C: Camurria!
D: Dumani accumpagnatu ri to matri
E: E quannu!?
F: Fitusu
G: Giarnu addivintò?!
H: Havi i jammi i ferro filatu, quannu camina abbucca ri latu
I: Immurutu
L: Lagnusu
M: Manciaciumi
N: ‘Nte corna!
O: Ogghiu fitusu a paredda spunnata
P: Pirucchiusu
Q: Quannu rici tu…
R: Raggia
S: 800A
T: Ti fazzu dari u resto ‘i to patri
U: Unni ti fascisti a’stati ti fai u’viennu
V: Vastasu
Z: Ziccusu

Per fortuna il trip è passato e Tequila è ancora lì a scavare nel materasso. Ho un po’ di tachicardia e ancora devo valutare se la mia è nostalgia dei tempi andati o disturbo post traumatico da stress.

Lo sguardo mi ricade tuttavia sull’alfabeto della gentilezza e leggo: S di Sangu mio. Già, è proprio questo che dico al cuscino, stringendolo nella speranza di ricadere tra le braccia di Morfeo. Questa mattina non s’ha da fare.

Prima che il sonno possa cogliermi di sorpresa penso alla professoressa Katia Gussio, e mi dico che un giorno mi piacerebbe stringerle la mano, poiché un’insegnante che si spende non ti lascia solo delle nozioni ma ti cambia la vita.

Poi, quando le palpebre sono già appassite, risovvengono dolci le parole del compagno Carollo:

"Seggendo in piuma, in fama non si vien, né sotto coltre; senza la qual chi vita sua consuma, cotal vestigio in terra di sé lascia, qual fummo in aere e in acqua la schiuma".

Un poeta, Carollo!
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