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Ci sono un antico mulino e un ipogeo unico nel suo genere: le bellezze sui Monti Iblei

Gli incendi della scorsa estate hanno colpito anche questo luogo che lentamente si sta riprendendo. Vale comunque la pena programmare una gita primaverile e riempirsi gli occhi

  • 17 marzo 2022

L'altopiano degli Iblei, nel suo versante ragusano, custodisce vaste aree di rimboschimento che negli ultimi anni sono state danneggiate con una serie di incendi dolosi senza precedenti. Decenni di paziente lavoro da parte dell’Azienda Foreste Demaniali risultano oggi gravemente compromessi.

Siamo all'interno del triangolo che ha per vertici gli accoglienti borghi barocchi di Chiaramonte Gulfi, Monterosso Almo e Giarratana, tre paesini di poche anime che negli ultimi anni sono stati capaci di valorizzare le loro risorse migliori: un clima mite e accogliente tutto l’anno, un paesaggio capace di incantare anche i turisti stranieri più esigenti, una qualità della vita spesso invidiabile, prodotti della terra di alta qualità, olio e formaggi su tutti.

Ultimo in ordine cronologico a essere colpito dal fuoco nell’estate 2021 è il parco forestale di Calaforno, che si trova in prossimità del comune di Giarratana. Sono molti i motivi per cui era una delle aree più frequentate di tutto il comprensorio: facilmente raggiungibile, una rete di sentieri ben curati e segnalati al cui interno si può camminare per chilometri, spazi picnic con punti cottura, un mulino ad acqua completamente ristrutturato e un ipogeo preistorico, un sito archeologico unico nel suo genere di cui ancora non sono stati svelati del tutto i segreti che custodisce.
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La primavera in arrivo è la stagione in cui ci si organizza per trascorrere delle giornate all’aperto, in tempi di covid questa esigenza è ancora più sentita e sono numerose le famiglie e i camminatori che si preparano a frequentare le aree attrezzate ragusane soprattutto nei fine settimana. Il parco di Calaforno si presenta ancora con i segni del fuoco che la scorsa estate ha distrutto la pineta e alcuni uliveti dei dintorni, ci vorranno degli anni perché ritorni come prima.

In attesa che si possa nuovamente fruire della pineta e delle aree picnic con tavolini e punti cottura vale comunque la pena programmare una visita per vedere il mulino ad acqua e l’ipogeo.

Per raggiungere il cancello d’ingresso del demanio dove lasciare l’auto bisogna uscire dal centro di Giarratana in direzione di Ragusa e, nei pressi del primo distributore di benzina, svoltare a destra e seguire le indicazioni per l’area attrezzata di Calaforno. Una pista forestale parallela ad un ruscello, in poco più di dieci minuti di facile discesa, conduce al mulino ad acqua.

I mulini idraulici siciliani, realizzati a partire dall’epoca araba, sono del tipo a ruota orizzontale, costruiti per essere in grado di sfruttare la forza dell’acqua anche di ruscelli di portata modesta. Una saja convogliava l’acqua dal ruscello verso una vasca di raccolta, u uttigghiuni, posizionata più in alto del mulino. Da qui, per caduta, l’acqua prendeva velocità e imprimeva la spinta necessaria alle pale della ruota per azionare la macina ad essa collegata. Nelle cave iblee, come in tutta l’isola, si trovano molti ruderi di mulini ad acqua, quello di Calaforno è stato interamente restaurato e tenuto in perfetto stato a scopo dimostrativo e didattico.

Nei pressi del mulino si costeggia un muro a secco per pochi metri e si individua l’ingresso dell’Ipogeo di Calaforno, un sito archeologico preistorico di datazione incerta che da solo merita una visita dei luoghi. Il complesso, interamente scavato nella roccia all’interno di una collina calcarea, è lungo un centinaio di metri e la sua realizzazione, secondo i risultati degli scavi effettuati, è da collocare all’età del rame, circa 5000 anni fa.

Dall’ingresso principale, un vestibolo profondo una decina di metri, ricavato probabilmente da una caverna naturale preesistente, si accede ad un budello formato da una serie di 35 camere intercomunicanti, di forma circolare e con un diametro di circa 2-3 metri. Non si trovano monumenti simili in tutta l’isola, per le sue caratteristiche ricorda le domus de janas sarde e i complessi ipogei della vicina isola di Malta. Incerta è la funzione per cui è stato realizzato, l’ipotesi più accreditata è che sia nato per essere adibito a necropoli capace di contenere diverse centinaia di persone e solo successivamente modificato per farne un luogo di culto.

La buona notizia, apparsa in queste settimane sugli organi di stampa, è che la campagna di lavori in corso volge al termine e il sito archeologico, per anni rimasto incustodito nonostante la sua importanza nel panorama preistorico siciliano, verrà reso presto fruibile al pubblico. Si stanno infatti concludendo i lavori di illuminazione interna che permetteranno la visita in sicurezza. È prevista anche la possibilità per i diversamente abili di fare un viaggio virtuale al suo interno.
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