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C'è chi lo dice e c'è chi lo fa (davvero): la rosticceria di Palermo alla conquista di New York

Trentanove anni, palermitano ma ormai americano d’adozione, Vincenzo è praticamente nato dentro un panificio e ha portato tutto il suo sapere nella Grande Mela

  • 14 dicembre 2020

Vincenzo Virzì

Chi di noi, almeno una volta nella vita mentre era alla ricerca di un lavoro e con in mano un “pezzo”, non ha pensato «basta, adesso apro una rosticceria a New York e faccio soldi a palate»? Tra il dire e il fare, però, c’è di mezzo un oceano.

E così nessuno poi lo ha fatto sul serio. Anche perché, bisogna essere sinceri, prima che la pandemia sfornasse sedicenti panettieri, molti erano più bravi a leccarsi i baffi che a cucinare.

Ad eccezione di Vincenzo Virzì che, invece, nella Grande Mela c’è volato per davvero e, dopo anni di esplorazione e sopralluoghi, ha aperto il suo “Pane Pasta” in uno dei quartieri più creativi e vivaci di New York, il Greenwich Village (nome che agli appassionati di serie tv farà subito fare un salto negli anni ‘90).

Trentanove anni, palermitano ma ormai americano d’adozione, Vincenzo è praticamente nato dentro un panificio. Figlio e nipote d’arte, infatti, rappresenta la terza generazione di una famiglia che da 70 anni possiede un forno a Palermo, in viale Regione Siciliana.
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«Andavo a scuola e, all’uscita, aiutavo mio padre. Quando ero bambino era un gioco, ma crescendo ho cominciato a fare le consegne a domicilio e, nel frattempo, mio padre mi ha insegnato il mestiere», racconta ricordando con un sorriso la sua infanzia.

Quel panificio è sempre lì, ma Vincenzo ha lasciato i suoi fratelli per andare alla conquista di New York con le specialità della nostra città e i segreti tramandati dal nonno e dal papà: «Girando per la metropoli in vacanza, ho subito notato che mancava qualcosa di palermitano, un posto dove poter mangiare bene spendendo 4 o 5 dollari, come da noi».

Dopo avere incontrato quello che diventerà il suo socio, Pietro Chirco, decide quindi che sarà proprio lui a portare un po’ di Sicilia in un quartiere che, fra i suoi residenti, conta anche alcune star hollywoodiane. «Ho impiegato 5 anni prima di trovare il posto perfetto», racconta. Ed effettivamente lo è perché a pochi metri si trova una delle università più prestigiose al mondo, la NYU: «In pausa, una pizzetta non la vieni a mangiare? Come a ricreazione da noi!».

E non solo pizzette, viene da dire. Perché “Pane Pasta” è un tripudio di infinite bontà: dai calzoni fritti alle iris con la ricotta, dalle brioscine col tuppo allo sfincione, dalle reginelle ai rollò, basta passare davanti alla vetrina per sentire l’odore di Palermo.

Anche il critico gastronomico Robert Sietsema, fermatosi nella rosticceria in incognita per qualche assaggio, su “Eater” scrive che «sembra di essere nel capoluogo siciliano».

Un complimento non da poco per Vincenzo, ancora stupito da quell’incontro: «Un giorno, notiamo un signore con una macchina fotografica d’altri tempi che scatta delle foto, entra e mangia qualcosa. Senza presentarsi. Soltanto dopo abbiamo scoperto chi fosse perché ci ha contattato lui stesso per email. Sono rimasto sbalordito».

A rimanere sbalorditi sono anche i clienti che entrano per la prima volta: “wow” è la parola con cui esordiscono quando arrivano in questo luogo di perdizione. Non sono solo siciliani nostalgici ad andare a mangiare dal palermitano, ma anche moltissimi americani che abbandonano i tanto amati fast food per un cannolo fatto al momento o un’arancina (chiamata “rice ball” così da non commettere errori imperdonabili).

Un successo prevedibile che, non appena sarà possibile, Vincenzo vuole replicare anche in altre città: una rosticceria palermitana alla conquista del mondo, d’altronde, non può che uscirne vittoriosa, sempre e comunque.
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