Il disagio giovanile e il difficile ruolo degli insegnanti: al Biondo va in scena "La classe"

Una scena de "La classe" (foto di Tommaso Le Pera)
Il disagio giovanile e il difficile ruolo degli insegnati nello spettacolo "La classe" che debutta martedì 15 marzo nella Sala Grande del Teatro Biondo di Palermo.
Realizzato in collaborazione con Tecnè, Società Italiana di Riabilitazione Psicosociale, Phidia e con il sostegno di Amnesty International, lo spettacolo è interpretato da Claudio Casadio, Andrea Paolotti, Valentina Carli, Edorardo Frullini, Federico Le Pera, Caterina Marino, Andrea Monno e Giulia Paoletti; le scene sono di Alessandro Chiti, i costumi di Laura Fantuzzo, le musiche Paolo Coletta e le luci di Javier Delle Monache.
Repliche fino a domenica 20 marzo.
Il progetto de "La classe" nasce dalla sinergia di soggetti operanti nei settori della ricerca (Tecnè), della formazione (Phidia), della psichiatria sociale (SIRP) e della produzione di spettacoli dal vivo. A monte dello spettacolo c’è una ricerca basata su circa 2.000 interviste a giovani tra i 16 e i 19 anni, sulla loro relazione con gli altri, intesi come diversi, altro da sé, e sul loro rapporto con il tempo, inteso come capacità di legare il presente con un passato anche remoto e con un futuro non prossimo.
Gli argomenti trattati nel corso delle interviste hanno rappresentato un importante contributo alla scrittura drammaturgica del testo La classe di Vincenzo Manna, ambientato in una cittadina europea dei nostri giorni in forte crisi economica. Disagio, criminalità e conflitti sociali sono il quotidiano di un decadimento generalizzato che sembra inarrestabile. A peggiorare la situazione, appena fuori dalla città, c’è lo “Zoo”, uno dei campi profughi più vasti del continente, che ha ulteriormente deteriorato un tessuto sociale sull’orlo del collasso. A pochi chilometri dallo “Zoo”, c’è una scuola superiore, un istituto comprensivo specializzato in corsi professionali che avviano al lavoro.
La scuola, le strutture, gli studenti e il corpo docente, sono specchio esemplare della depressione economica e sociale della cittadina. Albert, straniero di terza generazione, viene assunto all’Istituto nel ruolo di Professore potenziato: il suo compito è tenere un corso di recupero pomeridiano per sei studenti sospesi per motivi disciplinari. Intravedendo nella loro rabbia una possibilità di comunicazione, Albert riesce a far breccia nel loro disagio e conquista la fiducia della maggior parte della classe.
Abbandona la didattica suggerita e propone agli studenti di partecipare ad un concorso, un “bando europeo” per le scuole superiori che ha per tema “I giovani e gli adolescenti vittime dell’Olocausto”.
Gli studenti inizialmente deridono la proposta di Albert, ma si lasciano convincere quando questi gli mostra un documento che gira da qualche tempo nello “Zoo”: foto e carte di un rifugiato che prima della fuga dal paese d’origine aveva il compito di catalogare morti e perseguitati dal regime per il quale lavorava.
Il regime, grazie all’appoggio di alcune nazioni estere, nell’indifferenza pressoché totale delle comunità internazionali, è impegnato in una sanguinosa guerra civile che sta decimando intere città a pochi chilometri dal confine europeo. È il conflitto da cui la maggior parte dei rifugiati dello “Zoo” scappano… È quello l’Olocausto di cui gli studenti si dovranno occupare. La cittadina viene però scossa da atti di violenza e disordine sociale, causati dalla presenza dello “Zoo”. Le reazioni dei ragazzi sono diverse e a tratti imprevedibili. Per Albert è sempre più difficile tenere la situazione sotto controllo.
Realizzato in collaborazione con Tecnè, Società Italiana di Riabilitazione Psicosociale, Phidia e con il sostegno di Amnesty International, lo spettacolo è interpretato da Claudio Casadio, Andrea Paolotti, Valentina Carli, Edorardo Frullini, Federico Le Pera, Caterina Marino, Andrea Monno e Giulia Paoletti; le scene sono di Alessandro Chiti, i costumi di Laura Fantuzzo, le musiche Paolo Coletta e le luci di Javier Delle Monache.
Repliche fino a domenica 20 marzo.
Il progetto de "La classe" nasce dalla sinergia di soggetti operanti nei settori della ricerca (Tecnè), della formazione (Phidia), della psichiatria sociale (SIRP) e della produzione di spettacoli dal vivo. A monte dello spettacolo c’è una ricerca basata su circa 2.000 interviste a giovani tra i 16 e i 19 anni, sulla loro relazione con gli altri, intesi come diversi, altro da sé, e sul loro rapporto con il tempo, inteso come capacità di legare il presente con un passato anche remoto e con un futuro non prossimo.
Gli argomenti trattati nel corso delle interviste hanno rappresentato un importante contributo alla scrittura drammaturgica del testo La classe di Vincenzo Manna, ambientato in una cittadina europea dei nostri giorni in forte crisi economica. Disagio, criminalità e conflitti sociali sono il quotidiano di un decadimento generalizzato che sembra inarrestabile. A peggiorare la situazione, appena fuori dalla città, c’è lo “Zoo”, uno dei campi profughi più vasti del continente, che ha ulteriormente deteriorato un tessuto sociale sull’orlo del collasso. A pochi chilometri dallo “Zoo”, c’è una scuola superiore, un istituto comprensivo specializzato in corsi professionali che avviano al lavoro.
La scuola, le strutture, gli studenti e il corpo docente, sono specchio esemplare della depressione economica e sociale della cittadina. Albert, straniero di terza generazione, viene assunto all’Istituto nel ruolo di Professore potenziato: il suo compito è tenere un corso di recupero pomeridiano per sei studenti sospesi per motivi disciplinari. Intravedendo nella loro rabbia una possibilità di comunicazione, Albert riesce a far breccia nel loro disagio e conquista la fiducia della maggior parte della classe.
Abbandona la didattica suggerita e propone agli studenti di partecipare ad un concorso, un “bando europeo” per le scuole superiori che ha per tema “I giovani e gli adolescenti vittime dell’Olocausto”.
Gli studenti inizialmente deridono la proposta di Albert, ma si lasciano convincere quando questi gli mostra un documento che gira da qualche tempo nello “Zoo”: foto e carte di un rifugiato che prima della fuga dal paese d’origine aveva il compito di catalogare morti e perseguitati dal regime per il quale lavorava.
Il regime, grazie all’appoggio di alcune nazioni estere, nell’indifferenza pressoché totale delle comunità internazionali, è impegnato in una sanguinosa guerra civile che sta decimando intere città a pochi chilometri dal confine europeo. È il conflitto da cui la maggior parte dei rifugiati dello “Zoo” scappano… È quello l’Olocausto di cui gli studenti si dovranno occupare. La cittadina viene però scossa da atti di violenza e disordine sociale, causati dalla presenza dello “Zoo”. Le reazioni dei ragazzi sono diverse e a tratti imprevedibili. Per Albert è sempre più difficile tenere la situazione sotto controllo.
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