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“Pizzino n° 3”: la satira palermitana continua a colpire

  • 25 luglio 2005

Dai primi di agosto duemila nuovi “Pizzini” circoleranno impunemente in città per la gioia degli amici e degli amici degli amici… Niente famigerate striscioline di carta con ordini e trame di superboss, ma l’irridente sferzata di “Pizzino”, il mensile di satira, spamming con sarde e affucanotizie made in Palermo dall’associazione culturale “Scomunicazione”. La giovane e sicula redazione capeggiata dal direttore “irresponsabile”, Gianpiero Caldarella, dopo aver sostenuto il “Pizzo-Day” (la più grande campagna in favore del pizzo) e sconfessato tutto ciò che galleggia attorno al Ponte sullo Stretto, nel terzo numero affronta il tema “Spiagge private, anzi intime”, beffeggiando la proposta dell’onorevole Tremonti di vendere i lidi del Mezzogiorno. “Preparatevi ad un bagno caldo tra sassi, sesso, reggicalze e tirapiedi” cita la nuova copertina, “perchè anche le coste hanno un costo”.

Sul grande poster dalla grafica bohemien ritroveremo le provocatorie rubriche “Cottura e società” e “Si-culo centrico” che prendono di mira l’iniziativa del mese; la mini-rassegna stampa “La meglio palora”; il sondaggio del mese “Ogni testa è tribunale”; l’improbabile angolo dello sponsor “Cacchiosello-la naturale evoluzione del carosello”, lo “Screditoriale” e gli “Appostamenti”. Il tutto condito da disegni ed illustrazioni di fidatissimi collaboratori e dalle visionarie vignette “estorte” al clan di “Cyberzone”, il periodico palermitano di antropologia sociale ed arti visive. Tra frizzi e lazzi verbali ed irriverenti doppi sensi, “Pizzino” affronta temi mafiosi e di mal governo nazionale con l’arma della parodia, giocando sul capovolgimento di verità e valori, fedele alla massima del filosofo e cineasta Guy Debord “Nel mondo realmente rovesciato il vero è un momento del falso”. «La politica stessa è l’arte della finzione - afferma Caldarella - utilizza una comunicazione sottobanco, tipica dell’ambiente mafioso. Abbiamo scelto la satira perché è un linguaggio in cui si può parlare in codice, che dà libero sfogo al piacere di modellare le parole, alla loro musicalità, riascoltarle è come sentire Carosone, anche se noi siamo più a livello da Zecchino d’oro».

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In questo ”fogliaccio“ autofinanziato è tangibile un grande autocompiacimento delle trovate, rese da un linguaggio che mescola italiano, dialetto locale ed espressioni tipiche di Cosa Nostra, provocatoriamente assunta a fenomeno da tutelare. «Siamo affascinati dalla mafia, vogliamo mantenerne la tradizione in questa Sicilia dalle coste frastagliate, usura, sole e mare» sostiene Francesco di Pasquale che insieme a Leonardo Vaccaro compone il trio fondatore di “Scomunicazione”. In questo beffardo universo surreale “Pizzino” diviene così l’Ufficio Stampa della potente organizzazione criminale, rappresentata come la più grande “azienda” economica mondiale fondata sui saldi valori della famiglia, l’onore, l’amicizia, la protezione. Un cliente di tutto riguardo che fornisce ai suoi scomunicatori un “affare alla volta” da trattare ed una missione: non assistere inermi alla lenta agonia della notizia, ma, con spirito pietoso, promuoverne l’eutanasia. Nel divertissement oratorio dei tre bla-blasfemi, come amano definirsi, prendono vita personaggi come il signor Rifardo, un collaboratore di giustizia pentito di essersi pentito ed iniziative come il “Party per la tangente” riservato ai taglieggiati, la serata “Omertà urbi e torbi” sulle estorsioni e il “parrari picca”, l’istituzione del premio “Mafia” per i politici che raccolgono più avvisi di garanzia, quello alla carriera e per la latitanza più lunga. Una competizione durissima non c’è che dire, sancita dalla consegna del “poliporco”, il tapiro di “Pizzino”. «Con una sola differenza – precisa Caldarella - Striscia fa satira di denuncia, noi le denunce ce le becchiamo!».

Naturalmente anche questa è solo una battuta, in tre mesi il bollettino palermitano non ha raccolto nessuna querela, bensì l’attenzione incuriosita dei media nazionali (tra cui Specchio, Venerdì di Repubblica, Antimafia 2000), quella decisamente più blanda della stampa locale e 200 abbonati, che col passaparola, continuano a crescere, rendendo possibile la conferma delle 2.000 tirature. Per chi volesse “affiliarsi” alla cosca o semplicemente intercettare la scottante rivista il sito www.scomunicazione.it offre tutte le informazioni necessarie e l’elenco completo delle librerie ed edicole specializzate dove reperirla al solo costo di un euro, deducibile dal pizzo.

In un Paese che teme e censura la satira, i problemi reali diventano tabù, tutto si può comprare: il silenzio, un processo, un appalto, i diritti più elementari. Secondo i dati del Comitato Addio Pizzo l’80% dei commercianti a Palermo paga ‘u daziu, l’infame pedaggio che frutta all’Anti-Stato circa 10 miliardi di euro l’anno ed il pieno controllo del territorio. In risposta all’omertà forzata i riquadri multicolori di “Pizzino” s’ispirano all’impegno di Mauro Rostagno ed allo spirito mordace di Peppino Impastato che dai microfoni di Radio Aut prendeva in giro i boss locali. Punti di riferimento che rimangono irraggiungibili però e l’anticonformista manifesto più che uno strumento di denuncia risulta un prodotto goliardico che riesce a strappare un sorriso sulle sventure nostrane, e forse non è poco. Così non resta che divertirsi ascoltando l’ultima affermazione dei tre compari, che svelano di essere i superaccomandati nipoti dell’imprendibile Primula Rossa corleonese, a cui inviano il seguente messaggio: “Caro zio, quando ti decidi a scrivere qualcosa per noi? Qui ti aspettano a braccia aperte e braccialetti chiusi. Aspettiamo la tua benedizione ed una tua recente fotografia, che quella vecchia l’abbiamo già pubblicata. Voscienza 'bbenedica. I tuoi affezionati nipoti”. Si attende un pizzino di risposta.

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