ATTUALITÀ
Mafia e antimafia: intervista ad Attilio Bolzoni
Storie di mafia e di antimafia in una città bella ma letale: Bolzoni, che di mafia scrive dagli anni '70, racconta di uomini, intrecci ed accuse di ieri e oggi
C’è un filo rosso che unisce le storie del deputato Pio La Torre, assassinato il 30 aprile del 1982, del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, ucciso il 3 settembre dello stesso anno e quella dei magistrati Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, saltati in aria il 23 maggio e il 19 luglio 1992. Si tratta di uomini soli consapevoli di andare incontro al proprio destino ma determinati nelle proprie scelte, nonostante ciò. Attilio Bolzoni, giornalista di Repubblica, ha presentato a Palermo, presso La Feltrinelli lunedì 15 maggio, il suo “Uomini soli” (Melampo) raccontando le storie di quattro eroi "civili" dell’Italia contemporanea ed il loro rapporto con una città amara e ferita che è stata al contempo mattatoio e covo per tradimenti eccellenti.
Ci sono storie di quattro “uomini soli” che raccontano la disfatta dello stato e della giustizia dinnanzi alla mafia. Ma qual è invece la più bella vittoria dell’antimafia che a Lei è capitato di raccontare?
È la storia dei beni confiscati e quella di Libera di Don Ciotti che fa miracoli. C’è un’antimafia di parola, chiassosa, rissosa, e poi c’è l’antimafia di Don Ciotti che in silenzio con sacrifici immensi riesce a fare qualcosa di concreto. Una volta, tanti anni fa, ho raccontato come si mangia la pasta di grano di Totò Riina, come si beve il vino delle vigne di Giovanni Brusca come si condisce l’insalata con l’olio dei degli ulivi dei terreni espropriati a Matteo Messina Denaro. Questa è la più bella storia dell’antimafia che abbiamo come esempio dopo quella di Pio La Torre.
Una delle responsabilità date ai giornalisti è quella di dare un nome ai fatti alle cose che sta raccontando. Vogliamo dare un nome, un aggettivo alla Palermo d’oggi?
Vischiosa, pericolosa, paludosa, intrecciata, fasulla.
Sono aggettivi riproponibili per questa campagna elettorale?
In parte. Io conosco bene il Sindaco Orlando. È stato un ottimo sindaco quindici anni fa ed ha fatto molto per la storia di Palermo. Adesso non lo so se il suo sarà un buon ritorno, lo dovrà dimostrare lui.
Parla di un ritorno di Orlando come se avesse la certezza che questo accadrà..
Accadrà, perché è stato Sindaco per un'esperienza che è stata felicissima, poi se n’è andato. Ne vale la pena ritornare per un sindaco come Orlando, un Sindaco che ha cambiato Palermo 20 anni fa.
A Palermo abbiamo visto tappezzare la città di cartelloni con scritto che “La mafia fa schifo” e sentito candidati accusarsi a vicenda su chi sia meno degno di onorare la memoria di Falcone. Sbandierare il vessillo dell’antimafia cosa vuol dire oggi? È una garanzia della propria buonafede?
Oggi c’è chi usa l’antimafia come una clava contro la politica. Ma si tratta in gran parte di gente poco credibile. Se uno parla di antimafia e poi appoggia un governatore indagato che credibilità può avere? Con quale diritto può parlare uno che non sa quello che è accaduto allora? Queste persone non possono dare lezioni di moralità e di etica agli altri. Ferrandelli ad esempio dovrebbe stare un po’ zitto per la sua età e avere un po’ pìù rispetto per tutti, non solo per Orlando. Lui è sostenuto da quell'ala del Pd che appoggia Lombardo, un governatore sotto indagine per mafia. Abbia un po’ di contegno.
C’è un tipo di giornalismo di inchiesta che molto spesso ha il merito di svelare molto di più di quanto facciano le indagini. Suggeriscono percorsi, innescano dubbi...
Un tempo era così. I giornalisti oggi non hanno molta voglia di fare questo. Io sono nato in quella scuola invece che insegnava a ragionare, raccogliere informazioni, anticipare anche i magistrati che fanno le indagini. Ma chi fa bene il proprio lavoro poi passa sempre guai.
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